Concentrati su: costi, comportamenti, diversificazione
La gestione passiva (o indicizzata) si caratterizza per l'assenza di discrezionalità in capo al gestore nello scegliere quali titoli, per quale peso percentuale e quando inserirli in portafoglio. Il portafoglio è infatti composto da tutti i titoli presenti in un determinato indice (o benchmark) rappresentativo di un mercato o segmento di mercato. Indice che viene costruito da società terze rispetto alla società di gestione.
La gestione attiva, indipendentemente dai termini ad impatto trovati da eccellenti squadre di marketing, è sempre riconducibile a due attività: "market timing" (scelta del momento migliore per comprare e vendere) e "stock picking" (selezione dei titoli). La prima è la pretesa di sapere quando entrare e quando uscire da un investimento in modo da evitare cali e beneficiare di salite delle quotazioni. La seconda é la pretesa di sapere scegliere fra migliaia di titoli/mercati/settori quelli che saliranno ed evitare quelli che scenderanno. Chi fa gestione attiva fa pagare commissioni ben superiori a quelle della gestione passiva e in cambio di queste “promette” di generare un rendimento superiore a quello delle gestioni passive anche dopo aver ripagato le maggiori commissioni di gestione e i costi di transazione in cui incorrerà per movimentare il portafoglio.
L'analisi statistica dei dati storici mette in evidenza i seguenti punti in netto contrasto con l'opinione diffusa sull'argomento e con i messaggi che vengono spinti dai media e dagli operatori del settore:
Il rendimento pagato dal mercato è dato dalla media dei rendimenti ottenuti dai singoli partecipanti. Quindi per ogni euro guadagnato in più da uno dei partecipanti vi deve essere un altro partecipante che ne perde uno.
Inoltre gli strumenti attivi (ad es: fondi comuni, hedge fund) hanno costi di gran lunga superiori rispetto alla gestione indicizzata (ETF, vedi dettaglio sotto). Il costo medio di uno strumento attivo varia tra 1% e il 2,5% del valore investito, mentre il costo medio degli ETF utilizzati da InvestPlan non supera lo 0,20%.
In conclusione:
Per i motivi di cui sopra InvestPlan utilizza solo strumenti passivi (indicizzati) per implementare le proprie strategie di investimento.
ETF (Exchange Traded Funds)Gli ETF sono fondi d'investimento quotati sulle borse di tutto il mondo. Come le azioni sono negoziati continuamente durante gli orari di apertura dei mercati. Questo assicura trasparenza delle valorizzazioni e soprattutto liquidabilità delle posizioni. A parte rare eccezioni, gli ETF sono fondi "indicizzati" o cosiddetti "passivi" in quanto investono in un paniere di titoli che replica la composizione di un indice di mercato costruito da soggetti terzi (MSCI, S&P, Dow Jones ecc..) escludendo così qualsiasi discrezionalità in capo al gestore: questo consente di ottenere ampia diversificazione e costi molto contenuti.La liquidità degli ETF è inoltre garantita dall'obbligo di quotazione, sia in acquisto che in vendita, a cui sono tenuti un numero sufficiente di brokers, chiamati anche market makers, come condizione per la quotazione di questi strumenti: in pratica la liquidità dell'ETF è pari alla liquidità ponderata dei titoli sottostanti che compongono l'indice perché il market maker potrà sempre liquidare quote del fondo vendendo le posizioni in cui è investito.Grazie alle migliaia di ETF oggi disponibili sui mercati è possibile selezionare le caratteristiche più adatte a ciascuna strategia: per esempio si può scegliere fra strumenti a cambio coperto o meno (per non assumere rischio valutario) oppure strumenti che distribuiscono i dividendi piuttosto che reinvestirli. Queste ultime considerazioni hanno rilevanza a fini fiscali ma permettono anche di personalizzare il portafoglio di chi abbia bisogno di flussi dal proprio capitale investito.
InvestPlan segue un rigoroso processo di selezione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo al fine di scegliere gli ETF che assicurino non solo l’esposizione al mercato/segmento desiderato, ma anche la liquidità, efficienza e caratteristiche necessarie al singolo portafoglio. Vediamo più nel dettaglio:
A. Einstein diceva: “L’interesse composto è l’ottava meraviglia del mondo. Chi lo capisce, lo guadagna; chi non lo capisce, lo paga”
L’interesse composto è una benedizione per chi investe con un orizzonte di lungo periodo e reinveste periodicamente i proventi poiché ottiene un rendimento anche sui guadagni degli anni passati.
In finanza l'interesse composto è il meccanismo attraverso il quale i rendimenti generati dall'investimento sono aggiunti al capitale iniziale generando a loro volta rendimento. In termini numerici se investiamo €100.000 oggi e questi rendono il 10% all'anno, l'anno successivo avremo €110.000 ed il rendimento su questi sarà pari a €11.000 e non €10.000 come il primo anno. Dopo 10 anni non avremo €200.000 bensì €259.374.
Sfortunatamente il potere dell’interesse composto si applica anche ai costi, questa volta a svantaggio dell’investitore:
Euro 10.000 investiti per 30 anni con un interesse del 5%, ma con costi del 2%
VALORE FINALE 23.575 anziché 43.219 – GUADAGNO € 13.575
Questo investimento in 30 anni al netto dei costi genera un capitale di € 43.200 ca.; applicando però costi del 2%, all’investitore alla fine del periodo resterebbero in tasca solo € 23.500 ca.: un mancato guadagno pari a quasi 20.000 euro, il doppio di quanto investito originariamente.
In 30 anni un rendimento medio annuo del 5% ha prodotto un guadagno di 33.219 euro. I costi e l’interesse composto applicato a tali costi (costo opportunità) hanno eroso oltre la metà del rendimento. All’investitore ne rimarrà solo il 40% pari a 13.575 euro.
Seppur fondato su semplice matematica questo fenomeno è spesso ignorato dai risparmiatori e dai loro consulenti nonostante statisticamente abbia un effetto dirompente.
Ed è statisticamente provato
Il 57% dei nostri clienti lavora o ha lavorato per almeno 15 anni in banca o nel risparmio gestito. Chi conosce l'offerta di banche e assicurazioni sceglie InvestPlan!